12 marzo 2017
L’architetto milanese Stefano Boeri sta costruendo due nuove architetture provvisorie ad Amatrice, il borgo italiano distrutto dal terremoto dello scorso agosto. Il progetto è lo spunto per una riflessione più generale sull’edilizia e su una gestione del territorio capace di mettere in moto un’economia circolare nell’intervista di Sara Banti per Abitare.
In Cina sta progettando un’intera città-foresta fatta di multipli del suo Bosco Verticale di Milano (eletto il più bel grattacielo del mondo nel 2015), e poi un aeroporto, torri, alberghi. Oltre al nuovo masterplan di Tirana in Albania, ha importanti cantieri in Svizzera, Francia e Italia. Ma ciò che sta più a cuore all’architetto milanese Stefano Boeri in questi giorni sono gli edifici di legno in costruzione ad Amatrice, il Comune più devastato dal sisma che lo scorso agosto ha colpito le Marche e il Centro Italia: una mensa scolastica e nove moduli per la ristorazione, un servizio per i cittadini e insieme una fonte di lavoro e speranza per 130 persone del borgo (l’iniziativa è nata dalla raccolta fondi avviata dal Corriere della Sera e dal telegiornale di La7).
Come ha concepito queste costruzioni?
Abbiamo pensato di fornire subito uno spazio di servizio alla scuola, e nello stesso tempo di rimettere in moto l’economia. Gli interventi sono due, entrambi legati al cibo: una mensa per 150 studenti delle scuole e nove volumi modulari articolati intorno a una piazza, che consentono ad altrettanti ristoranti del paese di riprendere la loro attività. Tutti gli edifici sono di legno e hanno grandi vetrate che affacciano sul magnifico paesaggio del Gran Sasso.
Perché la scelta del legno?
Ci siamo rifatti all’esperienza del Friuli, dove dopo il sisma del 1976 ha avuto inizio una filosofia diversa di consolidamento degli edifici, con grande impiego di legno per tetti, solai e tavolati.
Anche in centro Italia occorre una svolta. Il terremoto ha dimostrato che il patrimonio edilizio così com’è non è sicuro.
Nei giorni successivi al terremoto ho visitato ciò che restava di Amatrice e dei paesi limitrofi, perlopiù macerie. Il terremoto è un mostro che distrugge in pochi secondi secoli di vita. E non è una presenza di cui possiamo sperare di fare a meno. È una guerra atroce che racconta anche dei nostri errori. Nelle Marche ho trovato particolarmente agghiacciante la sequenza di pesantissimi tetti di cemento che nel crollo hanno schiacciato le strutture sottostanti. Finiti a terra ancora interi, con i cordoli di cemento armato realizzati negli anni Ottanta quando erano considerati antisismici.
Frutto di una legislazione sbagliata?
La normativa antisismica degli anni Ottanta era completamente sbagliata. Infatti è stata poi modificata alla fine di quel decennio.
Lei oggi propone di ricostruire col legno?
Sì, perché ha qualità antisismiche innate, una radioattività bassissima, assorbe CO2. Ha una durata equivalente ad altri materiali considerati più robusti, e grazie al trattamento in autoclave oggi il suo tempo di combustione è più lungo, non si rischiano incendi. Consente una rapidità di montaggio straordinaria che taglia di 5-6 volte i tempi di un cantiere tradizionale. Inoltre è un materiale flessibile, leggero, componibile. Così come le cellule staminali si adattano a “costruire” diversi organi del corpo, il legno con la sua grande plasticità può essere utilizzato per realizzare un’intera struttura oppure solo un tetto, un’ala, una porzione di edificio.
A cosa si è ispirato per il progetto di Amatrice?
A due nostri progetti precedenti, Casa Bosco, un esperimento di edilizia sociale di legno di dieci anni fa, e Radura, l’installazione presentata a Milano per il Salone del Mobile 2016 che mi ha fatto conoscere da vicino la filiera friulana del legno, coinvolta poi nel progetto di Amatrice. Ci siamo rifatti a questi due modelli e abbiamo pensato a edifici temporanei, ma capaci di durare. Un paradosso che contiene la storia della ricostruzione. Oggi proprio grazie al legno è possibile agire velocemente ma con qualità architettonica.
All’architettura di legno colleghiamo un repertorio di forme vernacolari, chalet dai tetti a falda. Occorre pensare una nuova sintassi?
Con il legno si può fare di tutto, non dobbiamo immaginare una marea di chalet. C’è chi si è già molto dedicato alla costruzione di un vocabolario assolutamente contemporaneo del legno, come Michele De Lucchi per esempio. Penso a un manuale con tante nuove tipologie e modalità per la costruzione in legno. Quel che è certo è che riedificare la città “dove era come era” può valere solo per alcune aree o monumenti. Nel rimettere in sesto un intero territorio la sfida è enorme e ci vuole il coraggio di una svolta. Lo stesso che hanno avuto i siciliani a Noto come a Ragusa, quando dopo il terremoto del 1693 hanno inventato un nuovo linguaggio espressivo dando vita al Barocco siciliano. Ora la soluzione per un’edilizia più sostenibile, che va oltre la ricostruzione post-terremoto, potrebbe essere il legno. È un tema ampio; riguarda anche e soprattutto la gestione del territorio, la cura dei boschi.
Ovvero un’economia del paesaggio più sostenibile?
Più sostenibile e produttiva insieme. Ho proposto provocatoriamente l’istituzione di un Ministero delle foreste perché sono convinto che in Italia siamo di fronte a un’emergenza legata alla mancata cura dei boschi. Crescono il consumo di suolo, l’abbandono di porzioni di agricoltura e la forestazione spontanea. Cioè le città e le foreste guadagnano spazio, a scapito della natura antropizzata. Tornare a coltivare i boschi significherebbe sfruttare delle risorse sottoutilizzate del nostro Paese e alimentare un’economia circolare, dalla coltivazione, al taglio, alla lavorazione, fino all’industria della costruzione e del mobile. Una rigenerazione che darebbe un grande impulso ai tanti distretti del legno come quello del Trentino e del Friuli, ma non solo.
La gestione dei polmoni verdi e della biodiversità è un problema anche per tante economie emergenti.
La Cina non ha più produzione di legno, sono state bruciate tutte le foreste, c’è un problema ambientale drammatico. In Brasile la deforestazione è selvaggia. Dobbiamo ricordarci che le città producono il 75% della CO2, ma i boschi sono in grado di assorbirne il 40%. Si tratta di un grosso tema per il futuro e in tanti ne stanno parlando. Milano si è candidata come sede per il Convegno internazionale sulla Forestazione promosso dalla FAO per il 2021.
Lei propugna anche una nuova etica urbana non antropocentrica.
Spesso ci dimentichiamo che la città è abitata anche da altre speci viventi. Dedicare un pensiero alle loro esigenze ci fa capire tanti altri fenomeni. Un esempio: il recente arrivo di una popolazione di gabbiani nelle città italiane dipende da un cattivo funzionamento del ciclo dei rifiuti, e sta penalizzando tante altre specie.
In Giappone un gruppo di architetti ha dato vita a Home for all, strategia per un’edilizia più sicura. Succederà qualcosa di simile anche in Italia?
Con Renzo Piano ci siamo sentiti più volte sul tema. In questo momento ognuno fa quello che può, ma il luogo deputato al coordinamento dei tanti sforzi in atto è Casa Italia, la piattaforma per la ricostruzione voluta dal governo. Credo che ci arriveremo.
Progetto
Polo temporaneo per il cibo e l’alimentazione per Amatrice
Progettisti
Stefano Boeri Architetti
Project team
Stefano Boeri, Corrado Longa, Marco Giorgio, Julia Gocalek, Daniele Barillari
Ingegneria strutturale
Mirko Degano, Loris Borean
Impiantistica
Paolo Zuccolo
Infrastrutture urbane
Sandro Stefanini
Quantity surveyor
GAD srl
Promoter
Un aiuto subito terremoto Centro Italia 6.0 Corriere della Sera – La7 committee
Imprese esecutrici
Filiera del Legno Friuli Venezia Giulia, Ati Domusgaia and Legnolandia
Luogo
Amatrice (Rieti)
http://www.abitare.it/it/habitat/urban-design/2017/03/12/stefano-boeri-amatrice-legno/