Progetto
Stefano Boeri Architetti
Luogo
Milano, Italia
Anno
2018
Cliente
Ideazione e progettazione
Stefano Boeri Architetti
Direzione artistica
Stefano Boeri
Responsabile progetto
Giorgio Donà
Progettazione
Sergio Romeo, Jacopo Abbate, Martina Mitrovic, Chiara Tomasin
Comunicazione
Camilla Pusateri, Carlotta Franco, Anastasia Kucherova
Editor
Guido Musante
Un raggio italiano nel cielo dell’energia globale.
Ideata da Stefano Boeri Architetti per Edison in occasione del Salone del Mobile di Milano 2018 e allestita in piazza Gae Aulenti, Lighthenge è un’installazione urbana di luce che rende visibile, scenografica e condivisibile l’idea di energia e le sue vaste implicazioni nelle culture e nelle società contemporanee. Nello stesso tempo agisce come dispositivo pubblico di decongestione che permette di sostare e ricaricarsi dalla frenesia dei flussi metropolitani. Il concept del progetto scaturisce da una riflessione su coppie di principi chiave che guidano l’attività e la ricerca di Edison, proiettandone la mission nel futuro: Energia/Movimento, Innovazione/Interazione, Rispetto/Cerchio, Cerchio/Condivisione, Equilibrio/Suono, Futuro/Luce.
Analogamente, il progetto Lighthenge è formato da una coppia di elementi concettualmente antagonisti: una base solida e una proiezione luminosa immateriale, a cui si aggiunge durante il giorno un confortevole sottofondo sonoro. La porzione solida dell’intervento è formata da una piattaforma circolare alta 60 cm e con un diametro di otto metri, costituita da una struttura portante di alluminio ‒ al cui interno è celato l’impianto audio ‒ e da una sovrastante pedana in legno rivestita da un tappetto antiscivolo in vinile. Da questa base si innalza una piccola e fitta foresta di elementi a tronco di cono in EPS resinato (alti da 40 cm a 3,5 m e slanciati in proporzione all’altezza), tra i quali fermarsi, sedersi, staccare dal contesto. Sia la piattaforma, sia i coni sono rifiniti cromaticamente attraverso un intenso color blu cobalto (Pantone 294 C- Deep Cobalt Blue), che conferisce all’insieme un effetto mono materico e primordiale, di forte plasticità.
La componente immateriale dell’installazione prende invece corpo attraverso un’inaspettata irradiazione luminosa emessa ogni sera a partire dal tramonto dall’estremità di ciascun cono. Negli elementi bassi la luce, prodotta da fonti a fascio largo, fuoriesce in maniera contenuta e diffusa da sedute-coperchio in plastica traslucida. Il suggestivo alone visivo così generato può richiamare quello di alcuni organismi viventi bioluminescenti: i funghi Mycena chlorophos delle isole Hachijo e Bonin, o anche (perché no?) le piante sviluppate da Glowing Plant, un progetto Kickstarter che insegue i paesaggi anticipati 10 anni fa dal colossal Avatar di James Cameron.
Nei coni alti, viceversa, l’energia emessa da apparecchi a fascio stretto si manifesta in un sottile raggio luminoso che solca il buio verso l’alto, quasi a voler stabilire un contatto con civiltà lontane, o forse con un orizzonte più aperto e luminoso dell’umanità. Una soluzione di grande effetto scenografico, che può anche ricordare la versione più domestica e quotidiana del grande Tribute in Light che ogni 11 settembre da 16 anni segna il cielo di New York e fa vibrare le memorie dei suoi abitanti.
Per armonizzare in maniera equilibrata l’apporto di luce artificiale e naturale diffusa, lo speciale impianto illuminotecnico “circadiano” celato nella piattaforma permette di controllare e modificare le diverse temperature di colore del fascio luminoso emesso dalle sorgenti LED (dal blu all’arancio: 4.000-7.000 K°), garantendo sempre la massima resa visiva dell’intervento.
Un focus particolare del progetto è stato dedicato alla collocazione dell’installazione rispetto al contesto di Piazza Gae Aulenti, negli ultimi anni sempre più centro nevralgico di incontro e identificazione tra i nuovi spazi di Milano. Nello specifico, analizzate anche le dinamiche e le qualità percettive del luogo in fasce orarie differenti, sia in condizioni di luce sia di buio, la scelta è caduta su un posizionamento nello spazio compreso tra gli edifici UniCredit Pavillion e COIMA. Una simile localizzazione garantisce infatti nello stesso tempo: un minor impatto dell’inquinamento luminoso prodotto nelle immediate vicinanze, un’ampia visibilità e accessibilità legate al sistema dei flussi, un punto di vista privilegiato e aperto verso il vicino parco in costruzione e il Bosco Verticale.
La riflessione rispetto alle implicazioni urbane dell’installazione ‐ un tipo di intervento che spesso è viceversa sviluppato in maniera asettica rispetto al contesto ‐ ribadisce il senso della visione sperimentale e innovativa perseguita da Stefano Boeri Architetti e da Edison. Prima che come forma d’arte, infatti, il progetto si propone come metafora urbana e culturale in miniatura, piccola anticipazione astratta di città e di civiltà del futuro capace di dar corpo, immagine e linguaggi a quel complesso principio universale che prende il nome di “energia”. Quotidianamente e ininterrottamente per i sei giorni del Fuori Salone, Lighthenge agirà quindi come un dispositivo di regolazione delle energie urbane, capace di accendere l’attenzione sui flussi che attraversiamo e ci attraversano continuamente, ma anche di offrire un paesaggio inatteso per abbandonarsi a personali momenti di stasi: quelli in cui, a volte, si volge lo sguardo verso il cielo.