Il corso Milano Animal City tenuto da Stefano Boeri e Michelle Brunello, al Politecnico di Milano sarà presente alla Terza Biennale del Design di Istanbul curata da Beatriz Colomina e Mark Wigley.
Are we human? Questa è la domanda allegorica che la terza biennale del Design di Istanbul ha deciso di porre e alla quale i suoi artisti partecipanti hanno cercato di dare una risposta. Viviamo in un contesto storico in cui il design e la progettazione si sono spinti talmente tanto avanti da aver modificato sostanzialmente la realtà che ci circonda, creando una nuova forma di geologia artificiale. Ci svegliamo in un letto da noi progettato, ci spostiamo su un’auto da noi progettata, mangiamo in una cucina da noi progettata… Ormai viviamo in un mondo in cui il design è diventato il mondo stesso. Non è quindi arrivato il momento di ridisegnare il design stesso? Partendo da questa costatazione la biennale si organizza in quattro aree tematiche: designing the body, designing the planet, designing life e designing time.
Lo studio Stefano Boeri Architetti ha deciso di affrontare questo tema, tanto difficoltoso quanto stimolante, portando l’esperienza di Milano Animal City, corso di Town Planning tenuto da Stefano Boeri e Michele Brunello presso il politecnico di Milano nell’anno accademico 2015-2016. Gli studenti si sono confrontati con una progettazione non-antropocentrica e cioè di una progettazione che non soddisfa solo i bisogni della nostra specie, ma che pone questi in una visione più ampia dove l’umanità non è più sola sul piedistallo della vita. Il primo passo è stato infatti proprio quello di immaginare la città di Milano vista attraverso gli occhi di altre specie animali e di dedurne cosa questa esperienza aggiunga al nostro modo di progettare. Questa variazione di prospettiva è un atto fondamentale perché, nonostante sia ovvio che non potremo mai veramente vedere come un pipistrello, un ratto o un uccellino, sforzarsi di farlo significa prima di tutto ammettere che il nostro modo di vedere il mondo sia solo uno tra tanti altri. Le 2000 diapositive che caratterizzano questa installazione, e che possono essere osservate sulla lightbox, testimoniano questa prima fase raffigurando i colori, la luce e le distorsioni che la realtà assume se vista da occhi diversi. I rumori della città e degli animali che provengono dal raccoglitore delle diapositive, non solo renderanno l’esperienza più suggestiva, ma offriranno anche l’occasione per riflettere sul fatto che l’urbanità e la natura in realtà convivono nonostante la prima stia sopraffando l’altra. Quattro manifesti, in oltre, mostrano la soluzione progettuale che quattro gruppi di studenti (Bombing Sempione by Antonin Mangin, Gaia Meacci, Filippo Oppimitti, Beatrice Rogantini; Rhizome by Andreas Daniel, Carlotta Testa, Giordano Sarno, Enrico Sciannameo; Green flow by Francesco Balsarini, Annalisa Battistini, Marco Fantoni, Dorsa Kafili, Songmin Li e Abandoned Milan by Christiandy Pradangga, Lucia Bàlintovà, Antonije Levicanin, Ottavio Pedretti) hanno adottato di fronte a questo tema e come essi hanno soprattutto cercato di dare una forma alla rinaturalizzazione dello spazio urbano. Si tratta di quattro visioni di città dove l’urbanizzazione è vista come una forma di ricolonizzazione della natura spaziando tra i paradossi del controllo, della coabitazione, della self-limitation, del dominio, della tecnologia.