Su Robinson uno stimolante dialogo aperto tra l’architetto milanese Stefano Boeri ed il regista israeliano Amos Gitai, in una riflessione che porta l’attenzione su che cosa possano fare l’arte, l’architettura ed il cinema per recuperare l’aura del guaritore e su come ci si possa rimpadronire dei suoi significati.
In un momento storico in cui il tempo lunghissimo della storia del pianeta ed il tempo ciclico e presente degli esseri umani fossero andati in corto circuito, le due rinomate personialità si pongono domande su come sia possibile trasformare in opportunità per il Pianeta il cambiamento imposto dal virus. Con il cuore a Pasolini, il pensiero si mescola ad una lettura dei seminari di Roland Barthes – che affrontano il tempo dell’impossibile equilibrio tra vita in solitudine e vita in comunità – narrando parallelamente la tematica della Follia ripresa da Michel Focault, intesa come una imprevista emersione di energia incontrollabile e sovversiva dei codici sociali.
Profonde immagini di una Venezia deserta fanno da sfondo a speranze e desideri, di nuove visioni e di sequenze fino ad oggi non ancora pensate: il tempo per immaginare insieme comportamenti fino a poche settimane fa imprevedibili.