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#fuorisalone2018 lighthenge
un raggio italiano nel cielo dell’energia globale

Lighthenge_Edison_Stefano-Boeri-Architetti

Al Fuori Salone 2018 Edison e Stefano Boeri Architetti presentano una piccola città luminosa che rende visibile, scenografica e condivisibile l’idea di energia e le sue vaste implicazioni nelle culture e nelle società contemporanee.

Ideata da Stefano Boeri Architetti per Edison in occasione del Salone del Mobile di Milano 2018 e allestita in piazza Gae Aulenti, Lighthenge è un’installazione urbana di luce che rende visibile, scenografica e condivisibile l’idea di energia e le sue vaste implicazioni nelle culture e nelle società contemporanee. Nello stesso tempo agisce come dispositivo pubblico di decongestione che permette di sostare e ricaricarsi dalla frenesia dei flussi metropolitani. Il concept del progetto scaturisce da una riflessione su coppie di principi chiave che guidano l’attività e la ricerca di Edison, proiettandone la mission nel futuro: Energia/Movimento, Innovazione/Interazione, Rispetto/Cerchio, Cerchio/Condivisione, Equilibrio/Suono, Futuro/Luce.

Analogamente, il progetto Lighthenge è formato da una coppia di elementi concettualmente antagonisti: una base solida e una proiezione luminosa immateriale, a cui si aggiunge durante il giorno un confortevole sottofondo sonoro. La porzione solida dell’intervento è formata da una piattaforma circolare alta 60 cm e con un diametro di otto metri, costituita da una struttura portante di alluminio ‒ al cui interno è celato l’impianto audio ‒ e da una sovrastante pedana in legno rivestita da un tappetto antiscivolo in vinile. Da questa base si innalza una piccola e fitta foresta di elementi a tronco di cono in EPS resinato (alti da 40 cm a 3,5 m e slanciati in proporzione all’altezza), tra i quali fermarsi, sedersi, staccare dal contesto. Sia la piattaforma, sia i coni sono rifiniti cromaticamente attraverso un intenso color blu cobalto (Pantone 294 C- Deep Cobalt Blue), che conferisce all’insieme un effetto mono materico e primordiale, di forte plasticità.

La componente immateriale dell’installazione prende invece corpo attraverso un’inaspettata irradiazione luminosa emessa ogni sera a partire dal tramonto dall’estremità di ciascun cono. Negli elementi bassi la luce, prodotta da fonti a fascio largo, fuoriesce in maniera contenuta e diffusa da sedute-coperchio in plastica traslucida. Il suggestivo alone visivo così generato può richiamare quello di alcuni organismi viventi bioluminescenti: i funghi Mycena chlorophos delle isole Hachijo e Bonin, o anche (perché no?) le piante sviluppate da Glowing Plant, un progetto Kickstarter che insegue i paesaggi anticipati 10 anni fa dal colossal Avatar di James Cameron.

Nei coni alti, viceversa, l’energia emessa da apparecchi a fascio stretto si manifesta in un sottile raggio luminoso che solca il buio verso l’alto, quasi a voler stabilire un contatto con civiltà lontane, o forse con un orizzonte più aperto e luminoso dell’umanità. Una soluzione di grande effetto scenografico, che può anche ricordare la versione più domestica e quotidiana del grande Tribute in Light che ogni 11 settembre da 16 anni segna il cielo di New York e fa vibrare le memorie dei suoi abitanti.

Per armonizzare in maniera equilibrata l’apporto di luce artificiale e naturale diffusa, lo speciale impianto illuminotecnico “circadiano” celato nella piattaforma permette di controllare e modificare le diverse temperature di colore del fascio luminoso emesso dalle sorgenti LED (dal blu all’arancio: 4.000-7.000 K°), garantendo sempre la massima resa visiva dell’intervento.

Un focus particolare del progetto è stato dedicato alla collocazione dell’installazione rispetto al contesto di Piazza Gae Aulenti, negli ultimi anni sempre più centro nevralgico di incontro e identificazione tra i nuovi spazi di Milano. Nello specifico, analizzate anche le dinamiche e le qualità percettive del luogo in fasce orarie differenti, sia in condizioni di luce sia di buio, la scelta è caduta su un posizionamento nello spazio compreso tra gli edifici UniCredit Pavillion e COIMA. Una simile localizzazione garantisce infatti nello stesso tempo: un minor impatto dell’inquinamento luminoso prodotto nelle immediate vicinanze, un’ampia visibilità e accessibilità legate al sistema dei flussi, un punto di vista privilegiato e aperto verso il vicino parco in costruzione e il Bosco Verticale.

La riflessione rispetto alle implicazioni urbane dell’installazione ‐ un tipo di intervento che spesso è viceversa sviluppato in maniera asettica rispetto al contesto ‐ ribadisce il senso della visione sperimentale e innovativa perseguita da Stefano Boeri Architetti e da Edison. Prima che come forma d’arte, infatti, il progetto si propone come metafora urbana e culturale in miniatura, piccola anticipazione astratta di città e di civiltà del futuro capace di dar corpo, immagine e linguaggi a quel complesso principio universale che prende il nome di “energia”. Quotidianamente e ininterrottamente per i sei giorni del Fuori Salone, Lighthenge agirà quindi come un dispositivo di regolazione delle energie urbane, capace di accendere l’attenzione sui flussi che attraversiamo e ci attraversano continuamente, ma anche di offrire un paesaggio inatteso per abbandonarsi a personali momenti di stasi: quelli in cui, a volte, si volge lo sguardo verso il cielo.