All’interno della sezione Cultura di La Repubblica viene pubblicato un dialogo tra Stefano Boeri e Amos Gitai, in cui l’architetto e il regista israeliano ragionano sul concetto di casa, luogo dei loro principali ricordi familiari.
L’articolo parte dal progetto The House, trilogia rappresentata a teatro a Parigi, che verrà presentata come un’installazione alla Biennale di Venezia 2023, per ragionare su cosa rappresenti il luogo della casa nella loro storia personale, intrecciando memorie di infanzia con immagini del presente e del passato.
“L’unica casa che [mio padre] Munio disegnò per la famiglia era a Kiriat Bialik, vicino a Haifa, per sua madre. Lei voleva un grande forno tedesco in ferro per cucinare, era un evento spettacolare vedere come preparava il fuoco nella sua casa, forse una delle prime esibizioni che abbia visto da bambino. Ora, il problema è sempre in che modo incanaliamo ricordi e impressioni nel processo creativo e in che modo possiamo creare una proposta per una visione utopica con questi frammenti di tracce di memoria e di visioni in cui la casa diventa una metafora e un microcosmo”, racconta Amos Gitai.
“Ma anche per questo [la mia casa d’infanzia] è rimasta un luogo che catalizza le memorie di una famiglia sempre più grande perché le famiglie umane crescono e le case invece sono gusci minerali stabili. Che io penso debbano rimanere stabili, anche a costo di essere vendute ad altre famiglie; trovo terribili e tristissime le case che dopo qualche decennio vengono suddivise e spartite tra nipoti e cugini lontani. Mettere muri dove un tempo si incrociavano gli sguardi, c’erano incontri e scambi, è semplicemente terribile.” conclude Stefano Boeri.
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